domenica 25 giugno 2017

L’esperienza sul progetto dell’ immigrazione

IMMIGRATI: COSTRUIRE PONTI O INNALZARE MURI?
Già da qualche mese io e la mia classe abbiamo iniziato
un progetto sull’immigrazione, per comprendere meglio questo complesso problema sociale.
Tutto ha avuto inizio con una piccola mostra di opere, installazioni e manufatti artistici dedicati all’argomento delle migrazioni svoltasi in Cascina Grande, (alcune delle opere pittoriche appartenevano alla nostra professoressa di educazione artistica!).
Lì i professori dopo un breve discorso di approfondimento sull’argomento della migrazione ci fecero osservare le opere presenti, leggere le descrizioni di esse per poi riunirci a cerchio per discutere dell’argomento. Parlammo per lo più di possibili progetti artistici basati sul tema e accennammo due parole sul razzismo e sulle discriminazioni.
Da quel giorno il professore di italiano ci propose di creare, organizzati in gruppi da lui scelti, dei cartelloni sull’argomento della migrazione ,suddiviso in cinque grandi aree:  
·      l’ immigrazione oggi,
·      l’ immigrazione nel passato,
·      l’ immigrazione in Europa,
·      l’ immigrazione nel mondo,
·      la domanda fatta da Papa Francesco “Dobbiamo costruire ponti o innalzare muri?”.
Non si trattava solo di fare una ricerca storica, ma anche di conoscere e raccontare  storie vere di successo e di sconfitta di percorsi migratori.
Abbiamo inoltre avuto la possibilità di incontrare due giovani profughi di colore  accompagnati da un educatore del Centro. un Centro di Accoglienza per richiedenti asilo politico qui a Rozzano (“Casa di Betania” che si trova a Villalta di Pontesesto)
I due migranti ci hanno parlato della situazione che hanno dovuto affrontare una volta sbarcati in Italia, ci hanno narrato le loro storie ed il viaggio difficile alla ricerca di una vita possibile, mentre il loro accompagnatore ci ha raccontato alcune questioni generali sul tema dell’immigrazione.
A settembre organizzeremo una visita al Centro perché è dalla conoscenza reciproca che si possono costruire ponti ed abbattere muri di paura e diffidenza.
Matteo Mariotto
Questo è il video da cui è partito il nostro lavoro:


In gita a Venezia, Comacchio e Mirabilandia!


FINALMENTE IN GITA!
Quest’anno i nostri proff. ci hanno portato in gita d’istruzione a Venezia,
Comacchio e Ravenna. Per me questi tre giorni sono stati molto interessanti, prima di tutto perché siamo stati tutti insieme fuori dalla scuola, ma anche perché abbiamo visitato dei posti che non conoscevamo ancora. Partiti da scuola la prima meta che abbiamo raggiunto è stata Venezia, una città lagunare bellissima, qui abbiamo visitato la Basilica di San Marco e dopo, nella famigerata piazza, abbiamo attuato un’ attività didattica, dovevamo scattare delle foto nel tentativo di catturare delle immagini che somigliassero il più possibile alle opere dei due pittori veneziani: Bellotto e Canaletto. In seguito abbiamo fatto un gioco, durante il quale,  con l’ausilio di una cartina,
dovevamo fare delle foto davanti a diversi punti di interesse della città e fare un’intervista a turisti inglesi. Dopodiché abbiamo attraversato in gondola il Canal Grande. In serata ci siamo trasferiti a Comacchio e il giorno seguente, dopo aver noleggiato le biciclette, abbiamo intrapreso un’escursione per le valli di Comacchio. Dopo pranzo ci siamo diretti al battello con il quale
abbiamo compiuto la visita guidata sul Delta del Po, pomeriggio in spiaggia e dopo cena ci siamo improvvisati tutti attori. Terzo e purtroppo ultimo giorno di gita ci siamo diretti a Ravenna a visitare il parco divertimenti di Mirabilandia. Qui abbiamo affrontato l’argomento della fisica nelle attrazioni Acquasplash ed Eldorado Falls. Dopo questa “mini lezione”
i proff. ci hanno lasciato del tempo libero per provare le varie giostre. Divertimento assoluto, poi nel pomeriggio purtroppo siamo risaliti sul pullman per fare rientro a casa. Dopo questa esperienza mi sento di dire di conoscere meglio i miei compagni, infatti, alla fine di quest’anno scolastico siamo tutti più uniti e solidali fra noi. Un ringraziamento però lo vorrei fare ai nostri proff. che ci hanno dato l'opportunità di effettuare questa fantastica gita.

Gian Maria Stifani

Ecco i link ai nostri lavori con Scratch per preparare la gita:
La città di Venezia di Susanna Daniotti
La basilica di San Marco di Mattia Don
Il ponte di Rialto di Daniele Maranca
Le valli di Comacchio di Mattia Sbano
La fisica con gli Acquasplash di Gian Maria Stifani

venerdì 16 giugno 2017

I nostri racconti gialli


THE NIGHTMARE
In una fredda domenica mattina, due giorni prima del Santo Natale, Padre Renard dopo la messa andò nel capannone di casa sua a tirare fuori le decorazioni natalizie, ma una volta entrato il suo cuore si fermò e il suo sguardo si riempì di terrore: vide suo fratello pallido in volto e con al petto numerose ferite da taglio mentre del sangue caldo, colava dal corpo e ricopriva il pavimento.
Padre Renard così colmo di terrore e ansimante corse a casa sua, e chiamò due detective privati a lui fedeli: il dottor Kerubin, vestito con la sua tipica giacca a vento e i suoi pantaloni neri, ma soprattutto con suoi occhiali da sole che nascondevano la sua cecità, accompagnato dal suo fedelissimo cane e il dottor Ice, che invece, come di suo solito era vestito in maniera molto elegante.
Per avviare l’indagine investigativa i due detective si diressero verso il capannone in cui il padre affermava di aver ritrovato il cadavere. Il dottor Kerubin esaminò il cadavere mentre il dottor Ice la stanza, la cosa più inquietante fu ritrovata dal dottor Kerubin: sul corpo della vittima in alfabeto braile vi era scritto un vocabolo: “THE NIGHTMARE“.  Il dottor Ice rinvenne un messaggio provocatorio segnato al muro con il sangue della vittima: ”la vittima che avete appena ritrovato non sarà l’unica a meno che non mi ritroviate entro il 25 dicembre altrimenti qualcun altro riceverà il mio regalo, (sapete benissimo a cosa mi sto riferendo), per aiutarvi nelle vostre indagini vi manderò degli indovinelli e dovrete essere voi ad interpretarli, in questa stanza è già presente il primo”.
I due così elaborarono un’ipotesi, Kerubin prese il suo accendino pensando che ci fosse scritto di più sul foglietto ritrovato da Ice, magari scritto con l’inchiostro simpatico.  Accese il suo accendino sotto il pezzo di carta e tra le scritte apparve un’altra frase: “Il tempo è prezioso può essere antico o nuovo, nonostante voi miriate al futuro dovrete fare un passo indietro e trovare l’indicatore costruito nel passato”.
I due come se si leggessero nel pensiero urlarono all’unisono: “La torre dell’ orologio!“.
Così i due capirono di non doversi dirigere lontano, la torre dell’orologio infatti si ergeva davanti a loro, e con l’aiuto del don ne ebbero l’accesso. Prima però nonostante avessero solo due giorni e non potessero sprecare tempo, decisero di interrogare il don, ma da lui non estrapolarono informazioni utili scoprirono soltanto che lui era alla messa e ritrovò il cadavere di suo fratello dopo la fine della celebrazione.
Successivamente i due investigatori entrarono nella torre, e si diressero verso la cima iniziarono subito a guardare l’orologio e come a confermare i loro sospetti, attaccato sulla lancetta dei minuti, vi era il secondo indizio sporco di sangue: ”li oim orev emon è nhoJ dnilB: li orev elam is ednocsan ortned el emina ùip enoub, e olos al attednev òup eripmeir li elam id osse”.
Dopo che Ice finì di leggere i due detective capirono subito che erano solamente parole ribaltate, e una volta decifrato il testo che diceva: il mio vero nome è Jhon Blind: il vero male si nasconde dentro le anime più buone, e solo la vendetta può riempire il male di esso e, risolto l’indovinello, tornarono da Padre Renard a chiedergli chi fosse John Blind. Il padre con uno sguardo insicuro disse loro che John Blind era una sua vecchia conoscenza rimanendo un po’ sul vago, cosa che insospettì i due investigatori.
Ice e Kerubin erano sicuri che il religioso stesse nascondendo loro qualcosa, così decisero di indagare anche su di lui, ma erano ad un punto morto; infatti con l’indizio dell’assassino avevano solo scoperto il nome di questo personaggio, forse coinvolto nel crimine.
I due detective indagando sulla vita del padre scoprirono che egli era stato accusato di omicidio e il caso era rimato irrisolto, ma la cosa più sorprendente era la vittima dell’omicidio di cui era stato accusato il scerdote: il suo nome era Henry Blind.
Allora i due investigatori capirono l’ultimo indovinello: il don aveva probabilmente ucciso qualcuno, Henry Blind e John Blind, suo parente, aveva tramato la sua vendetta.
Così i due detective decisero che per assicurare entrambi gli assassini alla legge avrebbero dovuto ritrovare John Blind, ma non avevano indizi. Ad Ice e a Kerubin venne un’ altra idea, provarono a vedere se anche sul secondo indovinello vi era l’ inchiostro simpatico e scoprirono che era effettivamente così: nuove frasi si mostrarono sul foglio una volta che questo fu messo al calore del fuoco: “se state leggendo queste frasi vorrà dire che avrete capito il movente del mio omicidio. Vi porgo le mie congratulazioni è da un po’ che vi sto osservando e ho visto che vi serve il mio aiuto, io sono anche disposto a finire in prigione per ciò che ho fatto, però voi dovrete prima assicurare colui che ha ucciso mio fratello alla giustizia, poiché non sono ancora soddisfatto e vi assicuro che se non lo fate voi ci penserò io consegnandogli il mio regalo per Natale. Ci possiamo incontrare anche ora se volete ma se chiamerete la polizia padre Renard morirà. Se accettate le mie richieste verrò ora basta che facciate sedere il vostro cane e sarò lì”.
I due detective, anche se insicuri, capirono che avrebbero avuto bisogno di John per evitare un'altra morte e per assicurare due omicida alla giustizia, così fecero sedere il cane.
Nel buio della sera davanti al capannone della casa del don dove vi erano i due investigatori apparve come un’ombra che spunta dalla luce un uomo alto, magro e bruno che entrava dal cancello, era John Blind. Quest’ ultimo con una calma quasi inquietante si avvicinò ai due detective e porse loro un foglio dicendo che su di esso vi erano tutte le informazioni necessarie per imprigionare il don; e uscì dal cancello con la stessa calma inquietante con cui era entrato.
Nonostante i due detective facessero fatica a lasciare andare così facilmente quel criminale decisero di lasciarlo poiché c’era il rischio di un’altra vittima catturandolo.
Gli investigatori esaminarono il foglio, e leggendolo scoprirono che effettivamente vi erano una marea di prove incriminanti verso il don per l’omicidio che era stato compiuto in passato. I due investigatori così riaprirono nuovamente il caso Blind accusando il padre di omicidio, e alla fine del processo a suo carico la giuria dichiarò l’imputato colpevole e una volta usciti dal tribunale videro John Blind davanti a loro che si fece arrestare per l’omicidio del fratello di padre Renard, l’omicida aveva mantenuto la sua promessa, e due criminali erano stati assicurati alla giustizia.
Gabriele Granata, Matteo Mariotto e Gabriele Turi

GIALLO A SCUOLA
Sono annoiato a morte, in classe c’è uno strano tipo con la barba che fa un sacco di domande, i miei compagni stanno raccontando  qualcosa che è capitato loro nel weekend:
           Monica è caduta al MC DONALD
           Daniele è uscito con gli amici
           Susanna è andata alla gara di ballo
           Matteo non riusciva a dormire
           Flavio ha vinto la partita di calcio
Ma anche oggi c’è qualcosa che non va, dovevo consegnare un lavoro svolto con Mattia e Teodora, ma manca qualcuno. Ah! Maledizione, siamo nei guai, manca proprio lei, Teodora, proprio lei, che aveva il lavoro finito. Dovevamo stare calmi ed escogitare qualcosa che ci avesse tirato fuori dai guai, ma all’improvviso sentimmo il campanello della scuola, era il padre di Teodora, sembrava molto preoccupato e stranamente chiese se sua figlia fosse lì, come se sapesse che qualcosa non andasse. I professori per tranquillizzarlo gli dissero che sua figlia era spesso in ritardo, e che quella mattina sicuramente era una di quelle. Il papà ringraziando se ne andò in tutta fretta, ma Mattia, prontamente chiese di andare in bagno, quella era solo la scusa per andare a parlare con il padre di Teodora, al suo ritorno in classe mi disse che il padre era angosciato e pensava seriamente che a sua figlia fosse successo qualcosa di preoccupante. A quel punto ero sicuro che Teodora quella mattina non sarebbe arrivata a scuola, dovevamo ritrovarla. Passate le prime due ore arrivò finalmente l’intervallo, io e Mattia uscimmo dalla classe e trovammo per terra un bigliettino che diceva: ”se Teodora volete trovare, allora dovrete andare dove le cose inutili andreste a depositare”. Mentre leggevamo quel biglietto ci sentivamo addosso lo sguardo minaccioso del nostro bidello, un uomo sulla cinquantina, alto, robusto, con freddi occhi neri, della sua vita privata non si sapeva nulla, era un uomo poco socievole, che pensava solo a svolgere il suo lavoro. Nelle ore successive pensammo dove poter trovare Teodora, ci venne in mente subito la biblioteca, considerando il fatto che per noi i libri sono inutili. Finalmente siamo arrivati all’ultima ora, il prof. non c’è e la classe viene divisa, io e Mattia fortunatamente capitiamo insieme, nell’altra ala della scuola, insieme al tetro bidello. Qui inizia la nostra ricerca, andammo nella biblioteca, ma niente da fare, anzi ritrovammo un biglietto con lo stesso messaggio, continuammo a cercare in ogni dove ma senza risultati. Restava solo la palestra, anzi il ripostiglio della palestra, corremmo velocemente,  l’ultima ora stava per finire e saremmo andati tutti a casa, dovevamo trovare Teodora. Giunti in palestra trovammo la porta del ripostiglio semiaperta, all’interno c’era la nostra amica che ci raccontò una triste vicenda: la sua famiglia aveva contratto un forte debito con un tipo molto pericoloso, il bidello, e proprio per questo stavano organizzando un viaggio di ritorno nella loro terra natale. Io e Mattia eravamo molto confusi, ci chiedevamo come fosse possibile indebitarsi con una figura simile. La nostra amica non esitò a rispondere,  ci disse subito che quel lavoro serviva da copertura, ma in realtà lui era sporco trafficante di esseri umani. Teodora e la sua famiglia erano arrivati in Italia proprio grazie al suo aiuto, dopo un brutto periodo di guerra e crisi economica, suo padre non ci aveva pensato due volte prima di chiedere aiuto a quella persona, pur di mettere in salvo la  famiglia. Ma ormai erano passati diversi anni dal loro arrivo e quel debito non era ancora stato saldato, anzi era diventato così grande che ormai era inestinguibile. Quell’uomo , tanto astuto, intuì il loro piano e rapì Teodora sapendo che la famiglia non sarebbe mai partita senza di lei. A questo punto eravamo tutti in pericolo, dovevamo uscire da scuola il più in fretta possibile, quell’uomo sicuramente ci stava cercando, ma noi siamo stati più furbi, siamo riusciti a scappare e arrivare nella sala professori, dove Teodora raccontò la sua triste vicenda. Il furfante, così, fu incastrato e noi riuscimmo a rendere libera la nostra compagna e la sua famiglia,  e a consegnare il nostro lavoro, per altro, prendendo anche un bel voto.                              
                                                                                         Mattia Don e Gian Maria Stifani
 LA CASA DI CAMPAGNA  
Era la sera del 24 Maggio 2014, in una casa di campagna, i due sposini, Matt ed Eliza, uscirono a fare una “cenetta a lume di candela”. Rientrati in tarda serata, videro il loro amico Paul Walker, disteso per terra nella casa che condivideva con Matt ed Eliza. Quella casa si trovava in un paesino di campagna in provincia di Manchester; Paul non riusciva a respirare e nel giro di pochi minuti morì. Paul era un uomo giovane, alto, bello e con pochi soldi; per questo era costretto a vivere in casa di amici. Preoccupati e disperati, gli sposini chiamarono subito i loro amici investigatori che abitavano a Manchester. Erano molto determinati e abili, si segnavano tutto su dei taccuini neri così  da poter riordinare tutti gli indizi velocemente.
Costoro si informarono sulla vicenda e iniziarono subito con le indagini, analizzando il cadavere e cercando indizi. Per caso videro nella stanza da bagno che era di fianco a quella di Paul, un bigliettino con scritto “FARETE LA STESSA FINE”. Alzando il corpo di Paul, videro un taglio profondo sul retro del collo, allora decisero di investigare all`esterno e all`interno della casa. In un cespuglio del giardino trovarono, grazie al metaldetector, un pezzo di ferro, con macchie scure. Lo misero in un sacchetto di plastica, che portarono nel laboratorio la mattina successiva. Guardarono con attenzione il sacchetto e si accorsero che era un coltello, quindi iniziarono ad analizzarlo, e trovarono delle impronte. Ritornarono nella casa di Paul ed iniziarono a prendere le impronte dei vicini. Scoprendo che tre impronte erano simili a quelle sul coltello. Così decisero di interrogare le tre ragazze, Izzie, Meredith e Ellen. Erano 3 ragazze single di 20 anni che abitavano nelle case vicine a quella di Matt e Eliza. Erano alte e magre. Prima dell´interrogatorio i due investigatori avevano dei dubbi su di loro, ma dopo averle intervistate quei dubbi sparirono, perché quel giorno erano a Londra. Per capire chi era stato ad uccidere Paul decisero allora di analizzare le impronte degli abitanti di tutto il paese. Riuscirono a trovare l´impronta giusta, tramite quelle registrate dal comune, ma la persona a cui appartenevano era introvabile. In tarda serata gli investigatori ricevettero una chiamata dagli sposini che dissero di aver visto passare un uomo armato che era entrato in una casa nelle vicinanze. Gli investigatori corsero in quella casa e si accorsero che li non avevano investigato. Entrarono di corsa e presero le impronte, facendo molte indagini, iniziarono ad analizzare ogni oggetto di quella casa e videro che molte cose attiravano i loro sospetti ma non erano convinti. Quindi decisero di continuare le indagini. Entrarono in una stanza dove si accorsero che c´era una collezione di armi tra cui il coltello molto simile a quello che avevano trovato. Tornarono ad interrogare il signor Bill. Bill era un signore di 50 anni basso e cicciotto, era un ricco lavoratore, che però era appena stato licenziato. Gli investigatori gli chiesero a colpo sicuro perché avesse ucciso Paul. Lui rispose che Paul lo aveva fatto licenziare dal lavoro. Gli investigatori gli dissero che così facendo, era passato dalla parte della ragione a quella del torto. Quindi lo portarono in caserma dove venne arrestato.
Susanna Daniotti, Alessia Pignieri e Martina Rapetti


OMICIDIO: EUROPA O OCEANIA ?
Prisco Pienti  era un detective di mezza-età, alto circa 1,90, di corporatura robusta. Era solito indossare un giubbotto di pelle anche in estate e sfrecciava con la sua moto lungo le strade di Milano. Il suo lavoro lo occupava talmente tanto che non dormiva la notte. Gli piaceva molto il suo lavoro e si occupava dei casi più complicati da ogni parte del mondo.Un giorno Prisco venne chiamato dalla polizia australiana per risolvere un caso davvero importante e pericoloso. Si trattava di un uomo argentino che aveva ucciso sua moglie e aveva lasciato un biglietto sulla porta di casa sua dicendo di essere scappato per suicidarsi.Il detective, recatosi sulla scena del crimine, scoprì tramite vicini di casa e testimoni, che la donna litigava molto spesso col marito e i due erano in una profonda crisi economica perché il marito al posto di andare al lavoro, giocava alle slot-machine e scommetteva soldi ad alto tasso. La polizia scientifica stabilì che la donna era stata uccisa con ventuno coltellate alla gabbia toracica. Prisco si diede da fare per trovare l’arma del delitto; tramite le varie testimonianze scoprì che in Australia c’era un uomo che collezionava coltelli da combattimento per sua passione. Quest’uomo era anche conosciuto perché aiutava i criminali a scappare. Una testimonianza diceva che il collezionista si chiamava Zucca Gaetano e abitava a Wensley nei pressi di  Sidney. Prisco chiamò le forze armate per sorvegliare tutta la zona vicino alla casa di Zucca. Dopo alcuni giorni di indagini  Prisco citofonò a Zucca ma egli non rispose, allora decise di sfondare la porta. Trovò Zucca al telefono che stava avvisando il criminale di scappare velocemente o a Torino o a Milano. Messo alle strette dal detective,  Zucca confessò che, in verità, il criminale non si era suicidato ma era ancora vivo, confessò inoltre che  gli aveva prestato l’arma. Confermò infine che il criminale si stava dirigendo a Milano nella villa dei suoi suoceri, in Viale Suor Anita 99. Prisco fece ritorno in Italia e Zucca venne arrestato.La polizia e Prisco entrarono in casa dei genitori della vittima e li trovarono impiccati, ma il tentativo di fuga del criminale fu respinto dalla polizia che circondava la villa. Il criminale si chiamava Rosario Munìz e venne arrestato per omicidio colposo.

ANCORA UNA VOLTA PRISCO RISOLSE IL  CASO SENZA FALLIRE 
Flavio Dilernia, Kristian Russo e Mattia Sbano


LA GELOSIA
Io e le mie amiche Shady e Federica eravamo un gruppo affiatato, nulla ci avrebbe separato, ma alcune circostanze della vita portano cambiamenti inaspettati. Infatti nacque un forte sentimento di gelosia e di invidia da parte di Federica nei nostri confronti. Il 17 Novembre la giornata era uggiosa e triste e, per trascorrere un po' di tempo insieme,  decidemmo di fare un giro nel centro commerciale. Dopo aver fatto colazione insieme sentii la necessità di andare in bagno. Federica disse che doveva recarsi in un negozio per un acquisto.  Dopo alcuni minuti uscii dal bagno e vidi un gruppo di persone ammassate ai piedi delle scale mobili. Non vedevo più Shady. Corsi subito verso le persone e notai per terra Shady incosciente e piena di sangue. Fu trasportata subito in ospedale e rimase in coma. Stavo talmente male che volevo a tutti i costi sapere il motivo per il quale Shady era caduta. Decisi di rivolgermi ad un investigatore per indagare sul fatto. Gli raccontai le varie fasi della giornata e del rapporto fra di noi. Durante le indagini il detective Zenicanda, partendo da un possibile movente di gelosia scoprì che Federica era entrata nel negozio, ma le telecamere l'avevano vista mentre usciva di corsa dalla porta posteriore. Sul giubbotto di Shady il detective trovò delle macchie di cioccolato e dei peli di lana rosa.

Gli raccontai che quella mattina, per caso, Federica aveva fatto colazione con un cornetto al cioccolato e che indossava un maglione rosa. Capì subito che era stata Federica a spingerla giù dalle scale. Decisi di parlare con Federica e lei, messa alle strette, mi confessò che era accecata dalla gelosia nei suoi confronti di Shady perché era corteggiata da un ragazzo che piaceva a lei.
Silvia Biondino, Monica Brancaccio e Alessia Grillini



FURTO PARANORMALE
Anni fa successe un furto in una casa abbandonata, dove c'erano presenze paranormali.
Il giorno del furto a Manchester si sentivano le urla di persone paranormali....
Il famoso detective Daniel Thompson col suo aiutante Jack Phill cercarono di scoprire i colpevoli del furto. Daniel Thompson vive a Manchester e ha 31 anni, è muscoloso e ha un tatuaggio sul braccio destro dedicato alla moglie, ha i capelli corti e biondo platino, il naso a patata e gli occhi di color azzurro; di solito si veste con una giacca di colore nero, jeans strappati di colore blu...e infine scarpe nere di marca nike.
Jack Phill è molto intelligente, si sofferma sempre sulle cose, ed è molto gentile. Ha 27 anni, si veste in modo elegante, capelli castani, occhi di color nero.
Il furto si basava su oggetti rubati compresi quadri con persone disegnate, quindi il detective e l'aiutante andarono sul posto, cercarono di scoprire che cosa era successo ma erano disturbati, pensarono da presenze paranormali.
In quella casa: si aprivano finestre e porte da sole e cosi via... Ad un certo punto su un foglio di carta c'era scritto: Jack, Daniel...siamo noi i due colpevoli.
Loro da queste scritte percepirono chi erano i due colpevoli.
Poi sentirono la porta aprirsi ed erano loro, perché appena entrarono dissero i loro nomi, siamo Frank e Bob e dissero che avevano rubato perché  in quella casa viveva un loro conoscente che aveva rubato nella loro casa e quindi per vendetta gli rubarono oggetti di valore.
Dopo, parlando con Jack e Daniel, i ladri chiesero di rimanere nella casa  per abitarci e così fu.
Alla fine, Jack e Daniel con i vari indizi trovati, scoperto i colpevole del furto e il mistero delle urla, decisero di fare ritorno a casa, passato dei mesi i quattro si videro e passato il tempo a parlare diventarono amici come mai.

Simone Di Bisceglie e Daniele Maranca

lunedì 13 febbraio 2017

2°M in visita all'istituto dei Ciechi


DIALOGO NEL BUIO

Martedì 10 gennaio ci siamo recati all’Istituto dei ciechi per vivere l’esperienza del percorso “Dialogo nel buio”, che si articolava in varie stanze: Nella prima stanza dovevamo capire quali piante stavamo toccando. Abbiamo attraversato un ponte traballante e abbiamo toccato un oggetto e dovevamo capire cosa fosse, era una mucca. Poi siamo andati in un’altra stanza dove dovevamo sentire l’odore e capire che cosa fosse, erano i chicchi di caffè che abbiamo anche toccato. Poi siamo andati in un porto e siamo saliti su una barca ed eravamo veramente in acqua perché ci ha fatto buttare il bastone e abbiamo sentito la corrente e l’ho anche toccata, poi siamo andati nella casa di un pescatore, ci siamo messi intorno ad un tavolo e abbiamo giocato ad un gioco in cui ci siamo divisi in squadre da due e ci hanno dato degli animali in mano e noi dovevamo capire quale fossero.

Poi siamo andati in una stanza dove ci hanno diviso in due squadre: una doveva andare al mercato e l’altra vicino ad una moto e capire quale fosse la marca della moto. Per ultimo siamo andati al bar a prendere qualcosa da bere.

Al primo impatto era tutto così difficile poi però mi sono abituata. È stato piacevole quando mi sono abituata perché gli occhi si sono rilassati.

Ho imparato che quando può accadere di non vedere più tanto bene non ci si deve abbattere perché anche se non vedi puoi sempre vivere la vita con altri sensi.
Ilaria Pisapia

Al Corriere della sera: ragazzi entusiasti



 VISITA AL CORRIERE DELLA 2°M

Ho trovato tutto molto interessante: affermano



Mercoledì 18 Gennaio 2017 la classe 2°M si è recata al Corriere della Sera a Milano per visitarla e conoscere meglio la sua storia.

Una volta arrivati, la guida iniziò a spiegare la storia del Corriere: il giornale è stato fondato da Eugenio Torelli nel 1976. All’inizio lavorava a Parigi, ma poi trasferendosi a Milano con alcuni soci fondò il famoso giornale chiamato Corriere della Sera. Viene chiamato Corriere in “onore”  di chi consegna il giornale e della Sera perché consegnato in tardo pomeriggio.

Dopo un po’ Eugenio si ammalò così assunse quello che sarebbe diventato uno dei suoi più grandi aiutanti: Luigi Albertini che all’inizio lavorava a Londra.

Continuando a spiegare la guida ha anche aggiunto il fatto che il Corriere ormai fosse diventato famosissimo. Albertini ha fatto così costruire una sede al centro di Milano da Luca Beltrami. Oggi il quotidiano non ha solo un formato cartaceo, ci sono anche l’edizione digitale e il giornale online sempre aggiornato.

In seguito dopo questa lunga spiegazione la guida ha fatto vedere un video che tratta l’argomento della giornata del giornalista: la giornata inizia circa alle 10:30 e finisce a tarda notte.

La mattina si apre con la lettura dei principali quotidiani nazionali per avere un quadro completo della situazione. Ogni giorno in redazione arrivano centinaia e centinaia di informazioni, ma il giornalista nel suo articolo deve metterne solo una minima parte. Inoltre uno dei suoi compiti più importanti è capire quanto un fatto possa suscitare interesse nei lettori.

Alle 11.00 si riuniscono in sala Albertini, dove, in collegamento con Roma, discutono dei temi da trattare. Si inizia la preparazione del timone, la suddivisione delle pagine e la scansione degli ambiti.

Ognuno a questo punto si deve preoccupare di scrivere un articolo accattivante. Il pomeriggio segna il passaggio alla fase “operativa”: si creano le prime bozze degli articoli che si dispongono sulle varie pagine, inserendo anche le pubblicità degli sponsor (fondamentali per la sopravvivenza dell’articolo).

Gli articoli vengono modificati numerose volte, infatti mutano in continuazione e lo scopo del giornalista è riportare la notizia più fresca ed esatta possibile.

Un gruppo di tecnici specializzati nel frattempo si occupano della grafica, modificando e adottando al meglio le foto in ogni articolo.

La notte, dopo le 23:00, gli articoli devono essere ultimati, poi avviene il controllo generale.

Al termine di ciò, il quotidiano deve essere trasmesso tramite computer ai centri di stampa per poi essere distribuito in tutta Italia.

A questo punto, il giornalista lascia l’ufficio stanco, ma soddisfatto del suo lavoro.

Alla fine del video e della breve visita in sala Albertini ho  voluto intervistare un’alunna di 2°M, Alessia Grillini, domandandole cosa le fosse piaciuto, cosa non le fosse piaciuto e cosa avesse imparato da questa visita.

“Mi è piaciuta la visita in sala Albertini” afferma, “non mi è piaciuto il fatto di non aver visto la sala stampa.  Ecco cosa ho imparato: la vita del giornalista” e ha aggiunto che non farà mai la giornalista.

Vorrei dare spazio anche ad una mia opinione sulla visita: credo che questa visita per i ragazzi sia stata molto utile e la consiglio non solo perché istruttiva, ma anche per chi vuole intraprendere questo lavoro così da sapere cosa lo aspetta.
Monica Brancaccio