lunedì 15 gennaio 2018

Lettera di una giovane operaia

17 giugno 1897
Caro Cristiano,
ormai sono partita da molti giorni  e sono giunta a Crespi d'Adda, dove ho iniziato a lavorare.
Presto ci rivedremo, ne sono sicura, ma intanto ti voglio un po' raccontare la mia vita qui a Crespi e come si svolge la mia giornata.
La mattina ci svegliamo presto, il lavoro inizia alle 7.00. Si va tutti in fabbrica e si inizia a lavorare. Si lavora il cotone, è molto semplice: il cotone arriva dalle Indie, viene schiacciato e pulito bene con due spazzole e filato. A me piace molto lavorarlo, anche se noi donne dobbiamo sempre legarci i capelli e metterci qualcosa in testa per non rischiare che i nostri capelli si impiglino durante la filatura.
Il nostro lavoro dura circa 8 ore, cioè dalle 7.00 alle 17.00 (con una pausa nelle ore centrali). Nel tempo libero possiamo andare nei centri sportivi e i maschi anche in piscina.
Ah già, forse non te l'ho detto, il villaggio è compreso tra due fiumi, l'Adda e il Brembo e sull'Adda c'è una centrale idroelettrica  che serve per il funzionamento delle fabbriche del villaggio.
Nel villaggio c'è anche una scuola, che serve per istruire i bambini fino a dodici anni per poi farli lavorare nelle fabbriche. Non manca il cimitero, dove vengono sepolte molte persone, anche molti bambini; le sepolture della famiglia Crespi sono invece in una sorta di tempio.
Le abitazioni sono di diverso genere, ci sono quelle per i dirigenti, i palazzotti, le case operaie e anche i pavillon, cioè case a due piani con orto e giardino per due famiglie.
Va beh dai ti dico un'ultima cosa perché sono stanca... la chiesa di questo villaggio fu costruita facendo riferimento a quella di S. Maria a Busto Arsizio.
Non vedo l'ora che arrivi la domenica, il giorno del riposo per rilassarmi e passare un po' di tempo con gli altri operai.
Spero che tu venga presto. Ora vado a dormire visto che domani mi aspetta il lavoro... ma per fortuna è sabato.
Buona notte e un bacio
Martina RAPETTI

In gita a Crespi d'Adda

Il 24 novembre la mia classe, la 3°M è andata in gita con la 3°G e la 3°I a Crespi d'Adda, un villaggio industriale in provincia di Bergamo che venne costruito da Cristoforo Benigno Crespi e da suo figlio Silvio Crespi nella seconda metà del XIX secolo.
Quando siamo arrivati in questo villaggio immenso ci hanno accolto in una saletta dove ci hanno spiegato come funzionava il villaggio. C'era un'industria tessile dove si lavorava il cotone importato dalle Indie. Per gli operai e le loro famiglie, il villaggio offriva anche cinquanta pavillon, ossia villette e di case più piani che potevano ospitare fino a dodici famiglie; avevano anche il giardino. Il villaggio era dotato anche di una chiesa, di un panificio, di una piscina, di una scuola, di un velodromo e di un cimitero.


Piscina e velodromo erano punti di ritrovo e di svago per i maschi e i bambini., che comunque iniziavano a lavorare quando avevano dodici anni.
Il cimitero era un luogo sacro costruito in modo simile ad un tempio dei Maya, dove potevano essere seppellite solo le persone che avevano abitato nel villaggio.
La chiesa, siccome la famiglia Crespi era originaria di Busto Arsizio, riprendeva fedelmente quella di S. Maria di Piazza a Busto. 
Al centro dello stabilimento industriale c'era una ciminiera di mattoni, che ancora oggi è la seconda in Europa per altezza.
L'industria non è più in funzione dal 2003 e dal 1995 è stato riconosciuto patrimonio dell'UNESCO.
Siamo poi usciti dalla saletta e, divisi in due gruppi, abbiamo fatto il giro del villaggio, che era costruito in stile liberty e neogotico con la pietra tipica del luogo, il ceppo d'Adda.
Abbiamo poi pranzato e giocato: dovevamo trovare le strutture richieste e fotografarle.
Poi col pullman siamo andati alla centrale idroelettrica di Trezzo d'Adda che serviva per dare energia ai vari macchinari della fabbrica di Crespi.
La centrale è stata costruita sul fiume Adda nel 1880 circa.
Poi verso le 17 siamo rientrati a Rozzano.

Questa gita mi è piaciuta molto perché ho capito com'erano le condizioni di vita degli operai all'inizio del XX secolo.

Mattia SBANO