lunedì 15 gennaio 2018

In gita a Crespi d'Adda

Il 24 novembre la mia classe, la 3°M è andata in gita con la 3°G e la 3°I a Crespi d'Adda, un villaggio industriale in provincia di Bergamo che venne costruito da Cristoforo Benigno Crespi e da suo figlio Silvio Crespi nella seconda metà del XIX secolo.
Quando siamo arrivati in questo villaggio immenso ci hanno accolto in una saletta dove ci hanno spiegato come funzionava il villaggio. C'era un'industria tessile dove si lavorava il cotone importato dalle Indie. Per gli operai e le loro famiglie, il villaggio offriva anche cinquanta pavillon, ossia villette e di case più piani che potevano ospitare fino a dodici famiglie; avevano anche il giardino. Il villaggio era dotato anche di una chiesa, di un panificio, di una piscina, di una scuola, di un velodromo e di un cimitero.


Piscina e velodromo erano punti di ritrovo e di svago per i maschi e i bambini., che comunque iniziavano a lavorare quando avevano dodici anni.
Il cimitero era un luogo sacro costruito in modo simile ad un tempio dei Maya, dove potevano essere seppellite solo le persone che avevano abitato nel villaggio.
La chiesa, siccome la famiglia Crespi era originaria di Busto Arsizio, riprendeva fedelmente quella di S. Maria di Piazza a Busto. 
Al centro dello stabilimento industriale c'era una ciminiera di mattoni, che ancora oggi è la seconda in Europa per altezza.
L'industria non è più in funzione dal 2003 e dal 1995 è stato riconosciuto patrimonio dell'UNESCO.
Siamo poi usciti dalla saletta e, divisi in due gruppi, abbiamo fatto il giro del villaggio, che era costruito in stile liberty e neogotico con la pietra tipica del luogo, il ceppo d'Adda.
Abbiamo poi pranzato e giocato: dovevamo trovare le strutture richieste e fotografarle.
Poi col pullman siamo andati alla centrale idroelettrica di Trezzo d'Adda che serviva per dare energia ai vari macchinari della fabbrica di Crespi.
La centrale è stata costruita sul fiume Adda nel 1880 circa.
Poi verso le 17 siamo rientrati a Rozzano.

Questa gita mi è piaciuta molto perché ho capito com'erano le condizioni di vita degli operai all'inizio del XX secolo.

Mattia SBANO

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